Il brivido di una ricetta tramandata. Scoprire mille vite durante un impasto.
Ricordo perfettamente il momento in cui mia nonna entrava in cucina e iniziava a friggere. Sfornava cenci come se dovesse sfamare un esercito, quando poi, in famiglia, eravamo quattro. Era uno tsunami di cibo forse perchè da ragazza ne aveva sentito così tanto la mancanza, forse perchè dietro a quella sua figura austera all’apparenza quel tanto in più di cibo era modo di dimostrare amore. La cucina si è sempre riempita dell’odore buono dell’amore, quando c’era lei. Mentre sabato cercavo le dosi dell’impasto perfetto per i cenci i ricordi sono tornati così prepotenti che mi hanno scosso da dentro. La cucina riporta sempre a galla tutto, è un percorso neurologico così potente che mi sconvolge ogni volta. Un viaggio scatenato da un odore che crea una serie di connessioni dentro al nostro così complesso cervello e che rimanda direttamente al cuore scaldandolo con un abbraccio. Con la gioia dei ricordi è più facile cucinare e capisco la maestosità di tanti chef che del loro passato hanno fatto la loro carta vincente. Perchè senza ricordi, senza un percorso, senza il prima cosa sarebbe un essere umano? Costruirsi giorno dopo giorno, impilando ricordi e amore e presente e vita questo rende stupefacente il vivere. Carnavale è finito ieri, ma i ricordi perpetuano in eterno, quindi non c’è un giorno prestabilito per eseguire questa ricetta. Azionate la vostra planetaria e cominciate con le uova lavoratele con lo zucchero sino a che non sarà ben amalgamato e aggiungete la restante parte liquida. Fatto ciò cominciate a inglobare la farina setacciata, mi raccomando! Adesso l’unica parte difficile di questa ricetta: capire, ad occhio, quando la pasta non ha più bisogno di farina. Una volta fatto questo è ora di stenderli il più sottile possibile e iniziare a friggere. Una volta scolati dall’olio in eccesso cospargerli con abbondante zucchero a velo o, se preferite, con un pò di miele riscaldato.