Cucinare come scrivere implica dare vita a ciò che abbiamo nel cuore. Cucinare come scrivere porta di nuovo a galla delle sensazioni, dei sapori che vivono dentro di noi in modo indipendente.
Innamorarsi della cucina è innamorarsi dei ricordi. Di ciò che un odore, un semplice sapore mischiati assieme al nostro essere riescono a riportare a galla. Onestamente, credo nei ricordi, nel loro potere terapeutico, nei regali che ogni tanto ti fanno sbucando dal niente e ti lasciano un sorriso che è solo loro. Appartenere alla vita, starci con i piedi dentro è questo: costruire ricordi che sanno di tempo. Molto spesso mi trovo a raccontare a mia nonna ciò che mi succede, ciò che penso e, altrettanto, spesso mi commuovo. Questa ricetta è evocativa. Se lei fosse ancora qui le racconterei della prima vacanza che io e lui abbiamo fatto da fidanzati. Di quando ci siamo imbarcati dal porto di Piombino con una macchina troppo carica diretti su un’isola meravigliosa: Sardegna. Le direi anche che durante il viaggio di 8 ore abbiamo bevuto troppa birra e letto un libro che diceva: “le 100 e 1 cose da fare in Sardegna”. Tra queste, Cara Nonna, c’era comprare una fede sarda e l’abbiamo fatto e, più di tutto, perdersi nei sapori. Allora, mentre sono qui che impasto la farina e lo strutto assieme all’acqua vedo in modo distinto e reale il primo morso di Seadas che il mio compagno ha dato. Vedo il suo viso, quei suoi occhi meravigliosi innamorarsi perdutamente di un dolce. Così adesso che la pasta riposa e preparo il ripieno con la ricotta, il pecorino, le scorze degli agrumi immagino solo la felicità che avrà stasera a cena quando questa meraviglia di sole si poserà di nuovo sul suo piatto. Ti racconterei questa e millle ed uno cose, Cara Nonna. Adesso corro a friggere e poi lascio andare il nostro miele sulla nostra Seadas, così che per un attimo possiamo tornare a quella vacanza meravigliosa.